domenica 12 febbraio 2017

Reputazione e uso dei dati personali. Interviene l'Autorità garante della privacy


 Il progetto per la misurazione del "rating reputazionale" viola le norme del Codice sulla protezione dei dati personali e incide negativamente sulla dignità delle persone. Il caso "Mevaluate".

Da un po' di tempo non sentivo più parlare di "Mevaluate", dopo l'intensa campagna pubblicitaria e l'inondazione di email durante lo scorso anno, e mi chiedevo che cosa avesse potuto fermare gli altisonanti avvisi sui numerosi convegni di cui tale società si faceva promotrice. Per quanto non fosse mai limpida l'informazione, si capiva che venivano reclutati, quali potenziali clienti, professionisti e imprese e che si trattava di una banca informatica di dati.

Ciò che lasciava perplesso, a parte i costi per l'adesione, era la sbandierata pretesa di misurazione della reputazione e l'assegnazione di un "rating reputazionale". Mi sono sempre chiesto quale fosse la mia reputazione, in effetti, sul Web, sia come professionista sia come promotore  culturale, tra plausi e dissensi, tra onori e oneri, tra entusiasmi (dei compagni di libero pensiero) e risentimenti (dei non liberi e depensanti), tra le esaltazioni (degli intellettuali del dissenso) e i deprezzamenti (degli intellettuali conformisti e filoclericali), che la mia persona attirava e nello stesso tempo provocava.

Del resto ero consapevole che le persone libere ed eccentriche, specie se civilmente impegnate per la salute sia mentale che ambientale, sono considerate un pericolo per l'ordine costituito e per il pensiero unico al servizio del potere. Non avevo idea allora di quale mia reputazione fosse traccia nel loro "algoritmo reputazionale" e nei loro dati raccolti, di cui il Web era pieno, ma ero anche certo che i segni  di  pensiero critico e libero e del mio impegno civile e di promotore culturale con il mio Candide C.C. erano visibili e sotto gli occhi di tutti.

Non c'era però molto da fidarsi di coloro che dovevano valutare e assegnare un "rating reputazionale" alle persone in campo economico e professionale... perché mi sembravano palesemente gravitare in quell'area di perbenismo e conformismo del potere economico costituito  che io avevo sempre criticato quando non deriso per svegliare le coscienze. Ma anche al di là del caso personale, quali garanzie di obiettività di valutazione?

Senza contare poi, alla lettura di certi nomi e di certe insegne di sponsor, che si trattava dello stesso filone perbenista e di "pensiero" alla base prima del mio allontanamento da una potente società assistita per la quale il mio illustre genitore aveva dato il sangue e poi la vita da superlavoro, e alla quale ero legato da un contratto di consulenza decennale, e da ultimo alla cancellazione del mio nome dalla redazione di una rivista che avevo visto sorgere fin dal suo essere prima un mero portale di informazione giuridica (motivazione datami via email dal fondatore, ottimo avvocato e sempre ammirevole anche nel suo attuale ruolo di star televisiva delle consulenze: è entrato un socio occulto e io dovevo comprendere, quindi qualcuno - devo dedurre - di economicamente potente al quale io evidentemente sto sui coglioni).

Ma quale algoritmo reputazionale? Se si lasciasse veramente parlare il Web io ne sarei uscito bene e con un ottimo rating... il fatto è che la cosa non mi convinceva affatto. Il mio intuito mi diceva che non potevano esserci garanzie di veridicità e completezza su cui fondare alcuna valutazione, con il rischio di creare profili inesatti e non rispondenti alla identità sociale, reale e digitale, delle persone censite e profilate.

E avevo ragione di pensarlo: non a caso con provvedimento del 24.11.2016 l'Autorità garante della privacy ha dichiarato che il trattamento di dati personali connesso ai servizi offerti e vantati dalla banca informatica "Mevaluate" non è conforme al Codice della Privacy, essendo anzi potenzialmente lesivo della stessa dignità delle persone. Con il conseguente divieto di ogni operazione di trattamento dei dati presente e futura [1].

L'Autorità ha messo in dubbio proprio il supposto algoritmo che regolerebbe la misura del rating. Oltre alla difficoltà di misurare situazioni e variabili non univoche, non vi sarebbe alcuna garanzia di obiettività e nemmeno di veridicità e completezza dei dati raccolti.

Peccato che tale notizia sia passata in sordina e non abbia avuto il risalto che meriterebbe per contrastare gli effetti dell'intensa campagna mediatica fatta da Mevaluate per più di un anno.

Per quanto mi riguarda, tiro ora  un sospiro di sollievo. Almeno non devo più preoccuparmi del mio "rating reputazionale" in una società composta da una maggioranza di credenti piuttosto che di liberi cittadini pensanti. Perché ho sempre pensato che il pensiero fosse un'arma, ma non avrei mai pensato di essere poi circondato da così tanti pacifisti.

La mia illuministica fiducia nel miglioramento della società civile e nel progresso scientifico mi fa essere ragionevolmente ottimista anche sul trattamento dei dati e sull'applicazione dell'informativa della privacy, del tutto tremendamente carente in più settori del nostro mondo ormai automatizzato e interconnesso.

Senza le pretesa di arrivare ad una società meritocratica, basterebbe una società  di cittadini consapevoli e con una "web reputation" costruita sui fatti e dati oggettivi, dei quali solo il Web può essere oggettivo e imparziale contenitore.

avv. Giovanni Bonomo - Candide C.C.


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